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American Horror Story – 3×07 – The Dead

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Caratteristica portante di American Horror Story è sempre stata quella di mischiare i generi e giocare con i loro stilemi. In questo particolare episodio l’horror del titolo assume un valore meno importante, per lasciar spazio al romanzo di formazione, al noir e, ahimé, al teen drama.

Non è una caso che questo episodio malinconico e di passo più pesante porti la firma di Brad Falchuck, co-creatore della serie e celeberrimo accoppiatore di adolescenti noiosi. La zampata più riconoscibile si trova nel banalissimo monologo in voice-over di Madison, appena resuscitata. La desensibilizzazione generazionale di cui l’ex diva parla ritrova contrappasso sul suo corpo e l’incapacità di sentire alcunché. Dietro la scena noiosa, per fortuna, un assunto più interessante: la morte è la vera motivazione della vita.

A partire da un simile sfioramento dell’oblio, abbiamo infatti assistito alla restituzione di umanità al personaggio di Madame Lalaurie. Quasi due secoli di sotterramento hanno sollecitato una crescita interiore, facendo della sua una storia non solo di abuso, ma anche di redenzione e, come vedremo ancora, di punizione. Lalaurie è una donna che ha approfittato del tempo in cui viveva e cerca di adattarsi ad un tempo che sta scoprendo. La tragicità del suo inferno è a doppio senso: non è solo una villana ma anche una vittima. La bravura di Kathy Bates riesce a restituire la duplicità del personaggio, arrivando addirittura a viziarci. La stessa ambiguità, infatti, si percepisce nel personaggio di Zoe, che passa frequentemente da sorella malinconica a potente accoltellatrice. Però, purtroppo, la duplicità di questo personaggio manca di sfumature, presenti nel testo ma infiacchite dall’interpretazione blanda di Taissa Farmiga. Sfumature o no, Zoe, tra un interrogatorio finito nel sangue e una cospirazione assassina, trova anche il tempo di godersi l’esperienza del college e maturare maggiore controllo dei suoi poteri e maledizioni, finendo in un menage a trois con due previously morti.

Nonostante tutti questi vivi abbracciati alla morte, l’episodio manca di delirio e rimane piatto anche nel suo far progredire la trama. Eppure condire un episodio di raccordo e approfondimento dei personaggi con qualcosa di più succoso non era mai stato un problema per American Horror Story. Divertenti i siparietti con Queenie e Lalaurie, mentre rimane interessante ma poco soddisfacente la scelta di utilizzare tratti dell’atmosfera noir: amplificati come d’abitudine, fino a toccare, col sassofono, note di ridicolo.

L’impianto della stagione rimane un po’ fossilizzato sulla vendetta e la lotta tra trincee che si intersecano ma rimangono piuttosto definite. Gente vuole uccidere gente, il che è stato comunque abbastanza godibile finora. Questo progredire verso una guerra si scopre pienamente nel parallelo tra il trucco di sangue camp di Madame Lalaurie e quello da guerriera determinata di Marie Laveau.

La tragica ironia dei paralleli e dei contrappassi, purtroppo, rimane poco efficace e, per gli standard della serie, addirittura sommessa: nella didascalia di Kyle che riacquista un minimo di senno riconoscendo i suoi vecchi amici sul nuovo sé; nel cambio di trincea di Queenie; nella maturazione del sentimento paterno dell’Axeman in ammirazione e desiderio sessuale. Almeno abbiamo conferma che, nell’universo sovrannaturale della serialità contemporanea, è sempre meglio chiedere “what are you?” prima di portarsi a letto qualcuno.

Meh!

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